Io ai tempi del coronavirus – Amsterdam vs Italia

Oggi ho scritto di getto e non lo faccio quasi mai. E’ stato tutto così fluido. Per questo ho deciso di pubblicarlo.

Come sempre in me vivono e si scontrano due culture e due società e questo è quello che ne esce oggi.

IO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS – un mese dopo

Stiamo vivendo un periodo di difficoltà, un periodo difficile per molti e di differente intensità per ognuno di noi.

Per molti questa situazione significa solo non uscire di casa e lavorare da casa e poi c’è chi come me improvvisamente si ritrova in un vuoto cosmico. Stop forzato. Il mio lavoro è stato la mia spinta vitale finora. Senza questo perdo parte di me stessa.

Freeze, come quelli del grande fratello no?

La cosa paradossale e più difficile da affrontare per tutti penso sia il fatto che lo stop è forzato. Ci è piombato addosso. Mette in pausa molto ma non tutto. Ad esempio non mette in pausa le responsabilità verso me stessa, le mie aspirazioni, i miei dipendenti e il mio bell’affitto da pagare. Mette in pausa quello che io voglio da me e dalla mia vita. Tutto il resto va avanti. 

#ANDRATUTTOBENE – ARE YOU KIDDING?

Faccio parte di quella porzione della popolazione che non vuole dire che #andràtuttobene. Questo # non mi piace per niente per la verità. Ci speriamo che andrà tutto bene, ma non lo sappiamo ancora. E soprattutto non sappiamo ancora quanto tempo ci vorrà per far andare bene le cose.

Molti dicono che questa è una guerra. Secondo me invece è un esercizio della resistenza. Solo chi è in grado di diluire e dilazionare bene le proprie energie fisiche e mentali potrà farcela. E arriverà in fondo al tunnel. Quello che resterà di noi però è un’altra versione di noi stessi.

Dopo un mese dalla scoperta del primo caso siamo già cambiati, non siamo più quelli di prima. Quando questo sarà finito non tornerà tutto come prima. E’ già tutto diverso.

A che serve essere iper attivi su instagram, parlare con tutti, telefonare tutti, dire a tutti che #andràtuttobene? Non serve a niente, lo sappiamo che non torneremo quelli di prima. Se tarderemo a capirlo sarà ancora peggio. Dobbiamo solo accettare una nuova versione di noi stessi.


In questi giorni sono in modalità stand-by. Mi ci sono volute settimane a rassegnarmi che il tempo passa e che le cose stanno cambiando ma finalmente ci sono. Ho capito che per me, e non è detto che vada bene per gli altri, la ricetta è quella di praticare la modalità stand-by. Una sorta di dormiveglia, dove sono cosciente e attenta, che mi permette di forzarmi al freeze. Pausa dal rumore dei social, pausa da tutti gli articoli e gli aggiornamenti che ci tormentano. Leggere o vedere programmi tv che parlano di questa immane tragedia a cosa serve? Bè te lo dico io, serve a tormentarci. Non è questo il modo di risvegliare un po’ di coscienza in chi coscienza non ne ha. E non penso che abbiamo bisogno di essere tormentati, lo siamo già da noi. 

Intanto ho letto 8 libri e faccio esercizi ogni giorno. Impensabile.


Sono circondata da iperattività digitale e mi ha stancato. Tempo fa avevo già detto come per me fosse irritante essere circondata da persone sempre digitalmente presenti che non hanno nulla da dire. Vado controcorrente a tutte le regole del marketing moderno ma penso che in questo momento più che mai se non abbiamo niente da dire è meglio non farlo. Al diavolo le centinaia di newsletter che ricevo ogni giorno che mi esortano a capire il problema, offrire soluzioni, comprare un corso o fare aggiornamento. Questo per me è rumore di fondo. 

La cosa più bella che leggo è: continua ad esercitare la tua presenza on line. I tuoi clienti hanno bisogno di te. No, non credo, i miei clienti hanno bisogno che io mantenga una sanità mentale tale da potergli dare ancora qualcosa quando questo sarà finito. E il mio stand-by al momento me lo consente.

Ho scelto quindi una presenza moderata, ragionata e non gridata. Se ne ho voglia. Gridare non mi è mai piaciuto, non è nel mio stile.


Concludo il mio pensiero con una parola. Egoismo.

Questa è una parola che mi piace in questo momento. Egoismo perchè è meglio per me stare a casa ed esercitare la mia resistenza. Perchè se sono egoista adesso posso preservare quello che ho, posso preservare la mia famiglia, posso pensare che il mio sacrificio possa essere utile a qualcuno.

Quindi propongo di vedere l’egoismo sotto una nuova luce.

L’egoismo in tempo di coronavirus non è nient’altro che altruismo. Senza egoismo saremmo in giro a contagiarci l’un l’altro invece che preservarci a vicenda e a esercitare la nostra resistenza.

4 commenti su “Io ai tempi del coronavirus – Amsterdam vs Italia”

  1. Brava Valentina! Anche a me non piace l’#, ma vediamo di usare questo forzatissimo riposo per fare un reset totale, su di noi, le nostre aspirazioni i nostri sogni e la vita che conduciamo. Anche se non so se andrà tutto bene, so che…. Non tutti mali vengono per nuocere! E pur soffrendo e non poco, ritroveremo il sorriso e la consapevolezza di esserci riusciti ancora una volta, di avere passato la porta stretta 🙂

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